La scienza espressa
di Catalina Curceanu

Un’idea bizzara: tempo tridimensionale. Lo spazio sarebbe solo una conseguenza

Il tempo, il fiume invisibile che ci trasporta inesorabilmente dal passato al futuro, senza possibilità di ritorno. Ma cosa accadrebbe se questa visione fosse una semplificazione? Se il tempo non fosse una dimensione lineare, ma uno spazio a più direzioni? È proprio questa l’ipotesi affascinante di un nuovo studio pubblicato nella rivista Reports in Advances of Physical Science, in un articolo che propone un ribaltamento radicale del nostro modo di concepire la realtà: il tempo come entità tridimensionale, più fondamentale dello spazio stesso.

L’ipotesi di un tempo a più dimensioni rappresenta una sfida per le teorie fisiche più consolidate, dalla relatività di Einstein fino alla meccanica quantistica.

Il tempo una tela, lo spazio la pittura

Nel modello più accettato del nostro universo, ci sono quattro dimensioni: tre spaziali e una temporale. È il celebre concetto di spazio-tempo, introdotto da Einstein e diventato il cardine della relatività generale. Ma secondo una nuova ricerca (vedi articolo citato alla fine), il tempo non sarebbe soltanto uno degli ingredienti del tutto, bensì il vero fondamento, l’unico, della realtà.

La proposta introduce sei dimensioni complessive: tre temporali e tre spaziali, ma con un ribaltamento gerarchico. Il tempo è il tessuto primario dell’universo. È da lì che nasce tutto, anche la materia.

Come funzionerebbe un tempo a tre dimensioni?

Immaginiamo il nostro modo abituale di vivere il tempo: una direzione, dal passato al futuro. Ora aggiungiamo un’altra direzione, perpendicolare alla prima. E poi una terza. In questo tempo a tre dimensioni sarebbe possibile “muoversi” non solo in avanti, ma anche “di lato”, tra diverse versioni di uno stesso momento – un’idea che ricorda, per certi versi, alcuni concetti della fisica quantistica (mondi paralleli) e della fantascienza.

Secondo l’autore dell’articolo, questa struttura permette di mantenere la coerenza della causalità: gli effetti continuano a seguire le cause, ma in una geometria temporale più complessa. E, a differenza di precedenti tentativi teorici, il modello riesce anche a riprodurre valori reali e misurabili quantità, come le masse di particelle fondamentali (elettroni, muoni, quark), offrendo potenzialmente nuovi strumenti predittivi.

Un’idea promettente

L’attrattiva principale dell’ipotesi del tempo tridimensionale è la sua possibile capacità di unificare le nostre due grandi teorie (oggi in conflitto): la meccanica quantistica, che descrive il mondo subatomico, e la relatività generale, che spiega la gravità e la struttura dell’universo su larga scala.

Il sogno di una ‘teoria del tutto’ risale ad Einstein ed è ancora vivo ai giorni nostri. Le quattro forze fondamentali della natura – elettromagnetismo, forze nucleari forte e debole, gravità – non sono ancora descritte da un’unica teoria. Mentre le prime tre sono comprese dal Modello Standard delle particelle, la gravità resta fuori. Ed è qui che la teoria di del tempo tridimensionale potrebbe fare breccia.

Se davvero il tempo ha tre dimensioni, e se da questo spazio-tempo esteso emerge la massa delle particelle, potremmo avere una nuova via per spiegare come funziona l’universo. O, almeno, un nuovo linguaggio per porre domande.

Ma siamo sicuri?

Come ogni teoria rivoluzionaria, anche questa è ancora lontana dall’essere accettata. Pubblicata in una rivista legittima ma di relativo scarso impatto scientifico (impact factor), la proposta non ha ancora superato il vaglio della comunità internazionale. Nessun esperimento ne ha ancora confermato le previsioni, e la strada verso una validazione ufficiale è lunga e accidentata.

La fisica teorica non è nuova a idee radicali, talvolta persino considerate folli, alcune delle quali si sono poi rivelate inattendibili, mentre altre, come la relatività o la teoria dei quanti, hanno trasformato per sempre la nostra visione del mondo. Per passare da suggestione matematica a teoria fisica consolidata, il tempo tridimensionale dovrà dimostrare di poter prevedere fenomeni nuovi e, soprattutto, verificabili sperimentalmente.

Dunque: un esercizio di immaginazione o una nuova realtà?

Ci troviamo davanti a un’ipotesi audace e affascinante. Ma il solo fatto che un’idea così apparentemente stravagante possa generare formule capaci di riprodurre la realtà misurata ci dice qualcosa di importante: c’è ancora molto che non sappiamo sul tempo, e su cosa significhi davvero “esistere”.

Anche se il tempo tridimensionale non dovesse rivelarsi corretto, potrebbe comunque generare nuove domande, suggerire connessioni inaspettate, o ispirare modelli futuri. Perché è così che la scienza avanza: esplorando l’ignoto, con’ipotesi audaci e talvolta folli.

Catalina Curceanu

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